Wednesday, November 21, 2018

🔴 L'IMMAGINE MANCANTE. Di Rithy Panh - Film Completo Ita




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"L’image manquante", vincitore al Festival di Cannes nella sezione "Un certain regard" , ha rappresentato la Cambogia agli Academy Awards 2014, ottenendo la nomination al premio Oscar per il miglior film straniero.
"Ci sono così tante immagini nel mondo, che crediamo di aver visto tutto. Pensato tutto. Da anni, cerco un'immagine mancante. Una fotografia scattata tra il 1975 e il 1979 dai Khmer Rossi, quando governavano la Cambogia. Da sola, ovviamente, una foto non prova i crimini di massa, ma porta a pensare, a meditare. A costruire la Storia. L'ho cercata invano negli archivi, nei giornali, nelle campagne del mio paese. Ora lo so: questa immagine manca; e non la cercavo - non sarebbe oscena e senza senso? Allora la creo io."
Rithy Panh
Fin dal titolo, iUno splendido concorrente, per La grande bellezza. Un altro sogno strappato all’inevitabile tramonto di un’illusione di felicità. L’immagine che manca è, ancora una volta, un ricordo che non ha saputo prendere forma. A cercarlo è Rithy Panh, cinquant’anni, cambogiano. Un uomo la cui vita si è fermata ad un’infanzia interrotta, scomparsa, impossibile da ritrovare. Il 17 aprile del 1975 la favola di un bambino ha cominciato a perdere i suoi colori. Le truppe di Pol Pot hanno invaso Phnom Penh, la città è stata sgomberata, la gente sradicata, le famiglie distrutte. Un intero popolo è stato deportato nelle campagne, a lavorare duramente, raccogliendo riso o trasportando sassi, e a soffrire il freddo e la fame. Rithy Panh, quel giorno, ha iniziato a morire: ha visto prima sparire suo fratello, un musicista immediatamente ucciso dai Khmer Rossi, come tutti coloro che credevano di potersi dedicare all’arte, per esprimere, creando, la propria libertà. Di lì poco tutti i suoi cari conosceranno una sorte altrettanto tragica e crudele. La loro storia, però, non esiste. È rimasta invisibile al mondo, mai ripresa dalle telecamere, troppo intente a catturare scene di finta gioia collettiva e di artificiosa retorica di regime. I documentari del tempo diffondono la verità ufficiale, messa in scena per scopi ideologici, e nascondono, invece, quella scritta sulla pelle dei singoli individui, vittime inermi di una dittatura nemica della cultura, del pensiero, e, in generale, di tutti i valori umani. Il racconto che non c’è non può essere mostrato. Lo si può solo reinventare, sottraendolo alla sua povera sepoltura, scavata nel frettoloso oblio che copre tutte le cose incomprensibili, o insopportabilmente dolorose. Rithy Panh recupera quella realtà affossata plasmando figure nel fango. Nascono così centinaia di personaggi dai tratti ruvidi e friabili come il legno, miseramente duttili e privi di identità, grigi come l’uniformità che annienta e spersonalizza, in nome di un malinteso principio d’uguaglianza. Sono immobili, nelle loro pose rozzamente plastiche, scolpite nella tristezza, nella fatica, nella malattia e nell’umiliazione. Eppure sono parlanti, gementi, urlanti. Una mano anonima li fa vivere, nel loro drammatico mutismo immerso in un paesaggio di bambole, dentro foreste fatte di carta e stoffa, a formare un presepe in cui l’unico prodigio ultraterreno è quello di un indicibile orrore. Uno sterminato esercito di soldatini attoniti, con la pelle terrea e la divisa nera, si raccoglie intorno all’improvvisa manifestazione dell’Inferno, della notte che ha spento la luce del benessere e della pace, per rinchiudere tutti nella stessa gabbia di totale ed insensata oppressione. Del narratore ci arriva solo la voce fuori campo, insieme all’approssimativo autoritratto di un bambino che solo oggi, dopo tanti anni, riesce ad immaginarsi piccolo, accorgendosi di essere stato testimone di eventi tanto più grandi di lui. Si vede tuttora così, circondato da un mondo sproporzionato ed inafferrabile: un adulto mancato, che non si è mai visto crescere, perché le cose hanno sempre continuato a spostarsi un po’ più in là, mantenendosi fuori dalla sua portata, al di sopra della sua altezza. In questo inerte cartone animato, dopo il trauma iniziale, nulla cambia più: le frasi scorrono soltanto per descrivere il frustrante dramma di un incubo senza evoluzione, in cui tutto è già successo, e non poteva non succedere. Rithy Panh è rimasto prigioniero di quella atroce invariabilità, che allora era frutto di un diktat ottuso e sanguinoso, ed ora reca il sigillo temporale dell’irrimediabile. I pupazzi di questa tetra fiaba non si muovono, e non suscitano tenerezza: sono solo frammenti di terra strappati alla polvere, a ciò che rimane di infinite tombe senza nome.


"L'image manquante", Rithy Panh, Francia, Cambogia, 2013, 90'
Sceneggiatura: Rithy Panh, Christophe Bataille
Fotografia: Prum Mesa
Montaggio: Rithy Panh, Marie-Christine Rougerie
Musica: Marc Marder
Cast: Randal Douc
Distribuzione: Movies Inspired

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